Gli incendi in Sardegna hanno ormai preso la scena da circa una settimana.
Sono oltre 1.500 gli abitanti che hanno dovuto abbandonare le proprie case, in fuga dall’incendio che sta devastando la zona del massiccio di Montiferru, nell’Oristanese.
Hanno bruciato almeno 25mila ettari di terreno e c’è ancora qualche focolaio attivo nel Montuiferru, colpita dal vasto incendio a causa di un’auto che ha preso fuoco dopo un’incidente stradale.
A lottare contro le fiamme, un esercito di oltre 7.500 persone: corpo forestale, vigili del fuoco, protezione civile, volontari, Croce Rossa e forze dell’ordine.
Si tratta del rogo più grande di quest’anno sull’isola, ma non è il solo: in totale, infatti, il territorio distrutto dalle fiamme dall’inizio dell’anno ha già raggiunto quota 40mila ettari, classificando il 2021 come una delle peggiori annate degli ultimi decenni.
Accanto a questo danno immane, nell’isola avanza anche il contagio da Covid 19.
Incendi Sardegna: una cerbiatta diventa simbolo della tragedia
Una cerbiatta con le zampe gravemente ustionate, è stata recuperato da un gruppo di cacciatori.
“Questa è l’icona della nostra Terra ora” – ha affermato uno degli operatori della Clinica Veterinaria Duemari da Santu Lussurgiu, che racconta di come ha curato il cucciolo di cerbiatto rimasto ferito negli incendi.
“Questa è la cerbiatta che abbiamo ricoverato ieri. In piedi, ma con le zampe carbonizzate, come la nostra gente. Non sappiamo se questo miracolo divino potrà riprendersi, le sue lesioni sono drammatiche. É stata ritrovata accanto al corpo della madre carbonizzata, che non è riuscita a sopravvivere e lei era lì, recuperata da un gruppo di cacciatori. É stata chiamata da loro Lussurzesa. E così la battezzeremo anche noi. Cosa devono aver visto e pianto questi occhi. Non sappiamo se riuscirà a sopravvivere e se accetterà il biberon, ma combatteremo per aiutarla” – ha concluso l’operatore.
Una grave emergenza
Incendi Sardegna: non è l’unica località invasa dalla fiamme, purtroppo, dalla Siberia al Canada, dagli Stati Uniti al Sudafrica, la natura continua a bruciare.
Colpa dei cambiamenti climatici, ovviamente, che in molte aree del mondo stanno creando con frequenza sempre maggiore le condizioni perfette per simili catastrofi.
Di certo però, una corretta manutenzione dei territori – mediante lo sfoltimento dei cespugli e la pulizia delle zone che dovrebbero contenere la diffusione del fuoco in caso di incendi – avrebbe reso meno drammatica la situazione.
Riccardo La Porta, presidente dell’associazione di protezione civile “Sea Scout” di Oristano, ha commentato ciò che sta succedendo: “Il problema non si pone quando scoppia un incendio che, se vogliamo, è un fatto abbastanza naturale in una regione come la Sardegna, che in estate è brulla e siccitosa, per giunta continuamente battuta dallo scirocco o dal maestrale. Semmai è innaturale ciò che non si fa prima che partano le fiamme. Non voglio neppure parlare delle origini dei roghi, dico soltanto che non si può agire sempre in condizioni di emergenza“.
E ancora: “In molte zone della Sardegna, per esempio attorno all’ulivo millenario di Cuglieri, non si è provveduto a sfacciare le erbacce alte un metro e mezzo, dopo un inverno molto piovoso. In queste condizioni, come si fa a fronteggiare un fenomeno così complesso?”.
Paolo Piredda, referente territoriale dell’Oristanese per la direzione generale regionale della Protezione civile e vicepresidente dell’associazione Oristano Soccorso, è molto provato: “Il gravissimo incendio che ha divorato buona parte del Montiferru è stato causato da un’auto che ha preso fuoco sulla Strada provinciale Santu Lussurgiu-Bonarcado. Stavolta si è trattato di un incidente. Purtroppo, le squadre che avrebbero dovuto completare le bonifiche sono dovute intervenire in un’altra zona, quindi le fiamme hanno ripreso vigore e poi sono risultate incontrollabili perché si sono infilate in un canalone. Un disastro immane”.